La vita è fuori, e deve essere vissuta

il caso Hikikomori



di Mariangela Pacifico




Gli Hikikomori, è un termine giapponese per definire quella persona o quelle persone, che restano in disparte e si isolano, da quella che è la realtà.

Questo fenomeno, non aveva un grandissimo riscontro nei tempi precedenti ma, per via del Covid, questo fattore si è alimentato, portando i casi ad elevarsi sempre di più, riscontrando che la casa, è il posto più sicuro, specialmente in periodo pandemia.

Tutt'ora questo fenomeno va avanti, non solo per il fatto che la pandemia continua a fare il suo corso, ma anche per il fatto che ormai le persone, si sono abituate a stare in casa con il lockdown.

A tal proposito, esiste una fondazione creata da Marco Crepaldi, che tratta degli Hikikomori italiani, scovando tutti quelli che sono i giovani che hanno deciso di rimanere in casa, piuttosto che vivere una vita come tutti gli altri, al di fuori.

Questo fenomeno, però, non è legato solo al periodo del Covid, e quindi delle varie restrizioni presenti, era un fenomeno che esisteva già da molto tempo prima - non solo in Italia - per via di varie tipologie di situazioni. Possiamo dire che, il fattore Covid ha solo dato quella che si vuole chiamare “spinta”, per non uscire più, da quelle quattro mura che ci proteggono.

L'inizio di tutto, avviene con l'abbandono scolastico, così come viene confermato dalle statistiche, dato che i soggetti sono inclini ad attacchi d'ansia e attacchi di panico, non sentendosi appunto protetti.

È stato creato un incontro, con questi ragazzi, attraverso Skype, così che potessero spiegare un po' la situazione, cosa provano e come si sentono, ma anche per vedere come funziona la loro quotidianità.

Ci sono stati casi di ragazzi, che sono più di 7 anni che sono chiusi in casa, di loro volontà, non volendo avere nulla a che fare con il mondo esterno.

Loro affermano, di non sentirsi a loro agio, che in casa oltre ad avere la protezione, grazie al Web, possono essere a contatto con molte altre persone nel mondo, giocare, parlare, divertirsi a modo loro. Molti, si sono cimentati anche in altre attività, come quelle del disegno, disegni che a vederli, sono di forte impatto sentimentale, facendoti un po' “capire” ciò che provano, cosa passa nella loro mente.

Alcuni di loro, sono avvolti nel buio nella loro stanza e, più il buio è ampio, più loro si sentono a loro agio. Altri, addirittura, non hanno nemmeno la voglia di uscire della loro stanze, per poter mangiare, fare cose comuni. I genitori di queste persone, però, non hanno una mano ferma per questo fattore. Non sanno come agire, o meglio, non hanno agito.

Non li hanno spronati ad uscire fuori, aiutandoli e facendo capire loro, che la vita al di fuori, anche se dura alle volte, va e deve essere vissuta, lasciando così questi poveri ragazzi allo sbando, quando magari, hanno solo bisogno di essere spronati al meglio, con dei piccoli passi.

Non bisogna esagerare con le azioni, non bisogna prendere delle decisioni rigide, come togliere l'utilizzo di internet, credendo di ricevere un riscontro positivo in questo, anzi.

Con questi metodi, non si fa altro che indietreggiare sempre di più, mandando questi ragazzi in una depressione ulteriore, magari, facendo in modo che si chiudano molto più in loro stessi.

Bisogna raggiungere dei compromessi, in situazioni delicate come queste, prenderle inizialmente con le pinze, dando una mano, invece che buttarli ancora più nell'oblio.

La vita è fuori, e deve essere vissuta appieno, certo. Ma devono essere anche le persone a fartela vivere al meglio.